Come sono i Siciliani? 2000 anni di definizioni
Come sono i Siciliani? Ingegnosi, presuntuosi, generosi, tenaci, rumorosi, affettuosi, estroversi e indisciplinati. Descriverci non è semplice e in molti ci hanno già provato. Il primo tentativo è stato fatto più di 2000 anni fa: nel 70 a.C.! Da allora pagine e pagine sono state scritte. E se su questo argomento si è detto così tanto, la verità non può esser che una: i Siciliani hanno un carattere differente da chiunque altro.
Le descrizioni dei Siciliani
Una personalità intrigante

Cicerone: fu governatore a Marsala nel 75 a.C.
Il primo a descriverci è stato, nel 70 a.C., Cicerone. Nelle orazioni durante il processo contro Verre, governatore in Sicilia accusato di concussione, ci descrive come dotati di tenacia e parsimonia, straordinariamente laboriosi, parsimoniosi e diligenti. Ma quello che è interessante è che già Cicerone nota un carattere piuttosto focoso e una certa inclinazione alla litigiosità. Infatti, nel Brutus, sostiene che la retorica è nata in Sicilia perché i Siciliani sono “gente acuta e con un gusto innato per le controversie“. E’ cambiato qualcosa in 2000 anni? Forse no. Parlando di Cicerone, Leonardo Sciascia dichiara che sembra che l’isola sia rimasta la stessa e che secoli di storia l’abbiano modificata poco o niente.
Tra pubblico e privato
Un’altra descrizione interessante è quella di uno scrittore messinese della metà del sedicesimo secolo: Scipio Di Castro, che scrisse i suoi Avvertimenti a Marco Antonio Colonna quando andò viceré in Sicilia. Questi divennero una guida quasi ufficiale sui Siciliani e su di essi si fondarono tutte le relazioni ufficiali sulla Sicilia nel Cinquecento e nel Seicento.
Scipio Di Castro avverte che si tratta di una terra contraddittoria, difficile da governare e da capire. E riguardo ai Siciliani, dice che sono timidi quando hanno a che fare con l’interesse privato, ma temerari quando gestiscono i beni pubblici. Nei loro confronti, consiglia di tenere un atteggiamento freddo e distaccato, onde evitare indebite intromissioni.
Il Grand tour: i Siciliani visti dagli stranieri
A partire dal diciottesimo secolo molti scrittori visitano la Sicilia, tappa del loro viaggio di formazione attraverso tutta l’Europa. Come ci descrivono?
- inquieti e impazienti, violenti e gelosi (Johann Hermann von Riedesel)
- loquaci, ingegnosi e abili nel commercio (John Galt)
- indipendenti, vitali e contraddittori (Auguste da Sayve)
- vulcanici come l’Etna (Fedor von Karaczay)
Il viaggiatore più famoso è senza dubbio Johann Wolfgang von Goethe, che visitò la Sicilia nel 1787 e nel suo Viaggio in Italia scrive: “L’Italia, senza la Sicilia, non lascia alcun immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto!”. Lo scrittore tedesco nota, nei Siciliani, alcune caratteristiche principali: la rassegnazione nei confronti delle cose che non funzionano, l’umorismo e la capacità di sdrammatizzare.
I Siciliani nel Gattopardo

Il Gattopardo (1958): il manoscritto
Giuseppe Tomasi di Lampedusa è l’autore di uno dei romanzi più importanti del Novecento sulla Sicilia: il Gattopardo. Alcuni passaggi spiegano chiaramente gli aspetti psicologici del carattere di noi isolani. Nel dialogo tra il cavaliere Chevalley, segretario della prefettura, e Don Fabrizio, principe di Salina, quest’ultimo afferma, con un forte senso di disillusione:
“Noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così, non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, ai viceré spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti così”.
Inoltre, riguardo alla pigrizia e all’apertura nei confronti delle novità, Don Fabrizio afferma:
“Il peccato che noi Siciliani non perdoniamo è semplicemente quello di fare. Siamo vecchi, vecchissimi“. E poi ancora: “il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali“.
Un animo ambivalente
Luigi Pirandello, uno dei più famosi scrittori siciliani nel mondo, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1934, nel giorno dell’ottantesimo compleanno di Giovanni Verga, disse: “Tutti i Siciliani in fondo sono tristi, perché hanno quasi tutti un senso tragico della vita […]. Avvertono con diffidenza il contrasto tra il loro animo chiuso e la natura intorno, aperta, chiara di sole“.
Giuseppe Antonio Borgese, infine, diede una descrizione dell’animo dei Siciliani durante una conferenza del 1931 a Catania: “Il complesso di inferiorità e lo spirito di grandezza, intrecciati nel destino storico dell’isola, si manifestano quasi senza eccezione nella psiche individuale. Orgoglio, e anche banale alterigia, gelosia, impeto d’amore e d’odio, costanza di fedeltà e vendetta, lealtà anche nel male, generosità, se di generosità può esservi, persino nel delitto: questi tratti sono proverbiali”.
Possiamo dire che descrivere i Siciliani non è un compito semplice! Ma sicuramente c’è una caratteristica che ci contraddistingue: la contraddittorietà. Siamo tutto e l’opposto di tutto!
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